Perché il buddhismo
si è affermato in Occidente? Segue un elenco di
alcune probabili cause, che hanno portato il buddhismo a riscuotere un certo
successo nel mondo occidentale. Caduta delle ideologie Il crollo dei valori
assoluti, della metafisica, della teologia, delle certezze che offriva la
politica, e che per lunghi tempi hanno indirizzato e rassicurato l’umanità,
ha avuto come conseguenza la ricerca di nuove strade per orientare
l’esistenza, possibilmente non più dipendenti da rigide convinzioni ancorate
in qualcosa di astratto e trascendente. La via del Dharma, per definizione pragmatica e antidogmatica,
ha sicuramente offerto un nuovo e apprezzabile orizzonte. Il buddhismo è
caratterizzato dal disinteresse nei riguardi della metafisica: decisamente in
linea con lo scetticismo dell’uomo contemporaneo occidentale. ANTIDOGMATISMO
e PRAGMATISMO
sono continuamente ribaditi nei discorsi del Buddha, ad esempio quando
afferma che non dobbiamo attaccarci alla dottrina, perché «l’insegnamento è
come una zattera che serve per approdare all’altra sponda (la liberazione, il
nirvana). L’intelligente, dopo aver attraversato il fiume, non si caricherà
la zattera sulle spalle.» Inoltre più volte il Buddha sostiene che se deve
dubitare delle affermazioni dei maestri, e che ogni verità deve essere
sottoposta al vaglio del nostro giudizio. Nel discorso ai Kamala egli
afferma: «Amici, non siate
impazienti di credere a una cosa anche se tutti gli altri la ripetono, o se è
scritta nei sacri testi o, ancora, affermata da un maestro riverito dal
popolo. Accettate solo ciò che si accorda con il vostro giudizio, ciò che i
saggi e i virtuosi condividono, ciò che reca realmente frutto e felicità.»
(Kamala Sutta). Disorientamento Strettamente legato alla
Caduta delle Ideologie, è il disorientamento causato dai mutamenti epocali
della società post-industriale, dal vorticoso progresso della tecnologia, che
tuttavia non riesce a cancellare le nostre paure, le ansie e la sensazione di
vivere un’epoca di decadenza. Il buddhismo offre una via verso la quiete
della mente, verso la liberazione da ridondanze, da pensieri superflui, da
inutili rumori di fondo. D’altronde anche l’epoca
in cui è vissuto Siddharta fu un momento storico di transizione. Dopo
millenni di civiltà, che in qualche modo aveva consentito un livello
materiale di vita accettabile, tra il VI e il V sec. a. C. in India si
assiste ad una crisi dell’antica religione vedica, divenuta una tecnica
complessa impregnata di magia, ad uso della casta privilegiata dei brahmani.
Nella confusione dei valori, molte persone di ogni ceto sociale abbandonavano
in povertà villaggi e famiglie per cercare nuove risposte e costruirsi una
propria identità. Siddharta tra questi uomini, fu colui che trovò la via per
il superamento del dolore. Civiltà delle immagini «Costretti a prestare
continuamente attenzione a troppe cose, noi viviamo in uno stato di perenne distrazione
da noi stessi: disponibili a identificarci con qualsiasi cosa, non siamo
in grado di definire la nostra identità. Immersi in una “civiltà
dell’immagine”, vediamo di tutto, ma non riusciamo più a vedere il nostro
sguardo. L’Oriente si presenta allora come una via per “tornare a casa”.»
[da “Buddhisti d’Italia”, Giampiero Comolli, Theoria, 1995, p. 63] Buddhismo e scienza I concetti di impermanenza e di interdipendenza, che rappresentano dei capisaldi
del pensiero buddhista, si armonizzano egregiamente con il pensiero
scientifico, e, ad esempio, richiamano il noto principio di Lavoisier: «Nulla si crea e nulla si distrugge,
ma tutto si trasforma.» Einstein sosteneva che il buddhismo è l’unica religione che si confà
alla mentalità scientifica. Ed effettivamente molti aspetti consentono di
conciliare la religione di Sidddharta con il ruolo che la scienza svolge
nella società occidentale. Dal fatto che Buddha viene anche definito “il medico che guarisce dalla
sofferenza”, alla passione per la scienza e la tecnologia, che nutre il
Dalai Lama, il quale ha partecipato a varie conferenze sui temi della scienza
moderna, e di recente (ottobre 2006) ha ricevuto una laurea ad honorem in
biologia presso la Terza Università di Roma. Inoltre il buddhismo,
viene considerato un sistema psicologico, una scienza della mente. Studiosi
occidentali della psiche umana, che cercano di analizzare o di applicare le
tecniche della meditazione buddhista a scopi terapeutici, non sono ormai casi
isolati. Si ricorda tra questi Erich Fromm e il suo studio effettuato verso la fine
degli anni ’50, confluito poi nel saggio “Psicoanalisi e buddhismo zen”.
Fromm esamina, in questo saggio, le analogie, i punti di contatto fra la
studio occidentale della psiche e gli insegnamenti della scuola Zen,
concludendo che le due discipline, partendo da presupposti diversi
raggiungono risultati analoghi. Sfiducia nel cristianesimo Per via dei compromessi
con il potere temporale, la corruzione, le contraddizioni interne,
l’anacronismo di certe posizioni, la Chiesa non sembra capace di guadagnarsi
la fiducia dell’uomo alla ricerca di una spiritualità sentita e non accettata
per conformismo, per ossequio alla tradizione o per dovere. Anche coloro che
sentono la necessità di una guida coerente, affidabile, solida, al passo con
i tempi, per ritrovare la propria identità nell’armonia con le creature
dell’universo, l’organizzazione ecclesiastica non sembra in grado di essere
convincente. Inoltre la sua struttura di potere centralizzata, il dogmatismo,
il rigido attaccamento alla tradizione, l’incapacità di rinnovarsi, non la
pongono nella condizione di rispondere alle esigenze di un’epoca così
complessa come quella che stiamo vivendo, arricchita e al contempo agitata da
continui cambiamenti e contatti fra popoli e culture diverse. Idealizzazione dell’Oriente Parallelamente alla
sfiducia nella nostra religione tradizionale, si osserva una tendenza
all’idealizzazione delle religioni orientali, dovuta anche ad una conoscenza
non sempre approfondita della storia delle nazioni in cui tali dottrine si
sono affermate. Oggi tutte le tradizioni che si fondano sul Dharma sono
programmaticamente per la pace, e questa è
sicuramente un’altra delle cause che inducono milioni di persone a
simpatizzare per il buddhismo, in un mondo che è sempre più esposto a
radicalismi e fondamentalismi religiosi, fautori di violenze e guerre sante.
Ma se guardiamo da vicino alcune vicende storiche, anche relativamente
recenti, dovremo constatare che, in alcuni casi, anche una religione così
aperta, tollerante e pacifica come il Buddhismo è stata strumentalizzata e
sottomessa alla ragion di stato. Un esempio, fra i più terribili ci viene
offerto nel saggio “Lo Zen alla guerra” (Edizioni Sensibili alla Foglie,
2001) scritto dal monaco soto zen Brian Victoria, che ci presenta il ruolo
svolto dal Buddhismo, in particolare della scuola Zen, a sostegno del
militarismo giapponese dall’epoca Meiji fino a Hiroshima e Nagasaki, ovvero
dal 1868 al 1945. Buddhismo occidentale In Occidente, un
antidoto a questo pericolo, sembrerebbe costituito dall’essenza del buddhismo occidentale, che nel complesso risulta
prendere la strada di un buddhismo laico, non istituzionalizzato, trasversale
(nel senso che ad es. un praticante si accosta ad una trazione buddhista e
poi decide di seguire un corso di meditazione presso un’altra, un seminario
in una terza, e così via), volto a ritrovare un’armonia con il mondo esterno,
un equilibrio, una pace interiore, piuttosto che una religione in senso
tradizionale. Non solo esiste un dialogo continuo fra scuole diverse
nell’ambito del buddhismo (agevolato dalla coesistenza nella stessa area di
tradizioni eterogenee), ma anche con altre religioni, in particolare con il
cristianesimo. In Italia, uno dei fautori di questa idea di ecumenismo è
stato Vincenzo Piga (1921-1997), tra i fondatori dell’Unione Buddhista
Italiana. Sosteneva che «Le diverse scuole in cui attualmente è diviso il
buddhismo perderanno da noi importanza a favore di una specifica, nuova via
occidentale al buddhismo. [...] Il nostro pensiero dunque è che oggi stia
prendendo forma un “nuovo veicolo”: lo potremmo chiamare Buddhayana, o “via del Buddha”: e sarebbe
proprio il buddhismo occidentale. Parlo semplicemente di Buddhayana,
perché ritengo che, diffondendosi in Occidente, il buddhismo perderà alcuni
tratti accessori o folcloristici con cui si presenta in Oriente, per
conservare invece l’essenza del suo insegnamento.» [da “Buddhisti d’Italia”,
Giampiero Comolli, Theoria, 1995, p. 37]
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