Come abbiamo visto nel terzo passo, il buddhismo è nato nel nord
dell’India nel VI sec. a. C. Nel corso dei secoli si è diffuso principalmente
verso est, fino a raggiungere il Giappone. Dal secolo XIX è cominciata una
sorta di “globalizzazione” del Dharma, una propagazione nella direzione
opposta, verso i paesi occidentali, che è esplosa nel secondo dopoguerra, e
ha fatto sì che oggi dal Canada alla Nuova Zelanda si trovino centri
buddhisti, praticanti o semplici simpatizzanti, senza contare le folle
richiamate dalla moda del momento, da un interesse superficiale e
transitorio. Non è semplice stabilire quanti siano oggi i seguaci del buddhismo,
per vari ordini di ragioni. Ad esempio va considerato che in alcuni stati tra
cui I contatti con la
cultura occidentale E’ probabile che vi
furono contatti fra buddhismo e area mediterranea anche nell’antichità,
sebbene non vi siano documenti a comprovarli. Verosimilmente, quando a
seguito delle invasioni di Alessandro Magno si costituirono regni indo-greci,
le relazioni con l’Occidente dovettero intensificarsi anche a causa
dell’incremento dei commerci. Ad ogni modo, In
Occidente, si può parlare di una conoscenza del buddhismo fondata su criteri
scientifici, solo a partire dall’800. Prima di allora le frammentarie e
soggettive informazioni, derivate essenzialmente da relazioni di missionari
cristiani, portarono ad una visione del buddhismo confusa e distorta. Arthur Schopenhauer
(1788-1860) fu uno dei primi studiosi che poté usufruire di testi sul
buddhismo basati su criteri scientifici. Nella sua opera principale «Il mondo
come volontà e rappresentazione» si riscontrano varie affinità con il Dharma,
ad esempio nel riscontrare l’ onnipresenza del dolore nella vita di tutti gli
esseri, nell’identificazione della «volontà» (che potrebbe accostarsi
all’«attaccamento» buddhista) come causa prima della sofferenza, nel
ricercare una soluzione per superare il dolore. Purtroppo la cultura dell’epoca (ma anche negli anni
seguenti) del suo lavoro filosofico recepì essenzialmente il pessimismo e il
nichilismo. Rinforzando così i pregiudizi che già erano in passato nei
riguardi del buddhismo. Riguardo al rapporto con il cristianesimo, Schopenhauer
intravedeva un importante aspetto in comune relativamente alla ricerca della
santità. Soltanto che mentre il cristianesimo (così come per
l’islamismo) si fonda su un unico
evento irripetibile (Gesù Cristo portatore di salvezza), il buddhismo più
sapiente ed evoluto, offre ad ogni essere umano la possibilità di raggiungere
l’illuminazione, divenendo un Buddha. Molti contatti si ebbero
con gli USA fin dalla seconda metà dell’800, a causa dell’immigrazione di
asiatici. Dopo Con l’invasione del
Tibet da parte dei Cinesi, avvenuta (come abbiamo visto nel terzo passo) nel corso degli anni ’50.
Molti esponenti del buddhismo tibetano fuggirono all’estero, tra loro il Dalai Lama, che dal 1959 viaggia per
il mondo, allo scopo di rendere nota ovunque la gravissima situazione
tibetana e diffondere il Dharma. Un altra nome noto fra i
buddhisti asiatici che venuti in Occidente, è il vietnamita Thich Nhat Hanh, monaco
Zen e poeta, nato nel 1926. Vdurante la guerra del Vietnam ha avviato un
importante movimento di resistenza non violenta. Per questo nel 1967 venne
candidato al Nobel per la pace da Martin Luther King. Oltre che negli Stati
Uniti ha vissuto in Francia, dove ha fondato nel 1982 “Plum Village”, una
comunità di pratica buddhista nei pressi di Bordeaux, nella quale si è
stabilito. Ha pubblicato decine di libri in varie lingue, un buon numero dei
quali è stato tradotto in italiano. Naturalmente
l’affermarsi negli ultimi decenni del cosiddetto “villaggio
globale”, non può che aver contribuito (malgrado la presenza in taluni
gruppi o singoli individui, di un atteggiamento di indifferenza o di rifiuto
xenofobo del diverso) all’incontro quotidiano, ad una conoscenza più
ravvicinata e ad una più agevole diffusione di religioni e filosofie di paesi
lontani fondata sul contatto diretto. In Italia
Quanti sono i buddhisti in Italia? Fermo restando che non è semplice
fare statistiche sui seguaci del Dharma, si stima che attualmente vi siano
tra i 50.000 e i 100.000 praticanti più o meno assidui. Dagli anni ’60 sono sorti anche in Italia vari centri, monasteri,
associazioni buddiste che si riferiscono a diverse scuole. Molti praticanti
si ritrovano in sedi di fortuna, ad esempio nei salotti di case privati o,
magari, nel retrobottega di qualche artigiano, accuratamente allestito a sala
di meditazione. Nel 1985 venne fondata a Milano l’Unione Buddhista Italiana (UBI),
che raccoglie i principali centri buddhisti che fanno riferimento alle varie
tradizioni. E’ esclusa dall’associazione la Soka Gakkai,
che pur contando un buon numero di seguaci, è spesso al centro di polemiche.
Come abbiamo visto nel terzo passo, la
Soka Gakkai si ispira alla riforma di Nichiren, e propone una pratica che può
considerarsi un culto devozionale, al pari dell’amidismo. A causa di dissapori,
anche di carattere economico, dal 1991 Un certo seguito riscuotono in Italia lo Zen, sia nella tradizione
Soto che in quella Rinzai, e il buddhismo tibetano, che certamente deve buona
parte del suo successo, alla fama mondiale del Dalai Lama, il quale da taluni
viene erroneamente considerato la guida dell’intero mondo buddhista. Per
quanto concerne lo Zen, fra i centri più importanti si ricorda il Tempio
Buddhista Zenshin-ji di Scaramuccia (Tradizione Rinzai) fondato da Luigi
Mario (Maestro Engaku Taino) nel 1973, e l’Istituto Lama Tsong Khapa,
costituito a Pomaia (Pisa) nel 1976. Sono presenti anche vari centri che si ispirano alla tradizione
Theravada (letteralmente “La via degli anziani”, la scuola rimasta più fedele
agli insegnamenti originari del buddhismo), tra i quali si ricorda
Associazione Santacittarama, che ha sede in provincia di Rieti. A Roma, nel novembre del 2005 è stato inaugurato il primo tempio
buddhista cinese d’Europa. La popolarità del buddhismo nella nostra penisola, ha trovato
riscontro anche nel cinema. Liliana Cavani, dopo essersi occupata della vita
di «Francesco d’Assisi» (1966), nel 1974 dirige «Vita di Milarepa», mentre è
di Bernardo Bertolucci il più recente e noto «Piccolo Buddha» (1993). Quarto passo: BUDDHISMO E OCCIDENTE
(Seconda Parte)
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