MARIO LUNETTA
Eventualità
residuali, dentro il vortice immoto del tacere |
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I |
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ora che la tabula rasa non è più una metafora
felice |
ma un processo accelerato
di dissoluzione (materiale |
e percettiva) dei volti,
delle maschere, dei pensieri |
su misura (moltiplicando) –
palpabile e visibile, impalpabile |
e invisibile nelle parole e
nelle cose, può forse far bene |
alla salute (sottraendo) e
a tutta l’arte di vivere, chi sa, |
chi lo sa mai, ripensare a
contrappelo alle parole |
e alle cose, alle cose
dentro le parole e alle parole |
dentro le cose
(moltiplicando) (sottraendo) secondo un criterio |
da insiemi di intensa intensissima articolazione interna |
come flussi alterati di
molecole – anche duramente |
relazionata con tutto
l’esterno intus et in cute |
che è il mondo la psiche
gravata di caos nella sua |
crepitante variabilità
(sottraendo, moltiplicando), |
potenzialità soffocate,
promesse ammazzate in culla |
vogliamo dire: |
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premesse forse
sistematicamente rimaste |
senza nessuna verosimile
speranza di prendere forma |
che sia finalmente
sostanza, nell’aria, nella luce |
dell’occhio, tra le mani,
nelle connessioni della mente |
(moltiplicando), in
compagnia dei propri simili |
da non schiacciare come
lombrichi, possibilmente |
- sottraendo al contrario
tutta la parte livida dai rapporti, |
dal confronto, tutta la
cancrena il malessere purulento |
della compravendita, per
poter passare quando che sia |
a un’equa distribuzione dei
pani, dei pesci e delle tecnologie |
superiori, in un giorno
magari senza ombre, con l’acqua |
dei mari tornata alla
giusta salinità (buona ossigenazione, |
limpidezza non equivoca) –
sana provocazione |
di una storia possibile
impegnata a fare i possibili conti |
con la natura, che
(moltiplicando o sottraendo) è inutile |
far finta abbia smesso di
esistere; ché esiste e resiste, invece, |
piena di furore e
spalancata la sua tavola dei diritti |
e dei doveri, dico: mentre
sto, qui e altrove, elaborando |
i miei lutti, le mie lotte,
le mie lotterie da mezzo-morto.. |
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II |
E’ il capitalizzare
ingoiando tutto, interessi e redditi truccati, |
faccenda vecchia sempre
rinnovata dentro le meningi |
allupate della bestia umana
davvero molto bete, che combina |
disastri scombinando ogni
ordine possibile, ogni plausibile |
geometria, e gli spazi
chiari, l’ipotesi di sistemi aperti |
(sottraendo, sottraendo)
carcerati dentro le invenzioni |
traslucide del capitale,
col contorno di sorrisi che sono |
ancora e sempre
(moltiplicando, moltiplicando) dichiarazioni |
di guerra. E la guerra, le
guerre nascono come fiori di campo, |
naturalmente: in quanto
parte pregiata del nostro sistema |
genetico, delle nostre
ridicole oltranze mentecatte |
da superuomini di pezza,
teste piene di stoppa pressata, |
di ambizioni che persino le
formiche considerano – prima che |
con terrore – con ironia. |
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Perché, in tutta
onestà, quella |
della guerra non è solo
contaminazione radioattiva, è anche |
mutazione incontrollabile
delle coscienze, augmented |
reality (sottraendo,
moltiplicando, sottraendo), prima |
e dopo ogni distruzione,
ogni rimozione, ogni cancellazione, |
ogni oblio. Ecco perché il
lavoro della (e sulla) memoria |
ha un’incandescenza lavica
– e va coltivato come si coltivano |
più che le rose – le
patate, i carciofi, i cavolfiori. Senza mai |
dimenticare che
(moltiplicando, moltiplicando, moltiplicando) |
la guerra piace a chi non
la fa, ma la fa fare. (Esattamente |
cent’anni fa un poeta
troppo igienico disse che la guerra |
è la sola igiene del mondo.
Di quello stupido adagio |
fu ricompensato con la
feluca accademica, iscritto a libro paga |
dal suo amico e padrone di
forte mascella, padrino |
e condottiero di cartone).
Ora, mentre le guerre infuriano |
su tante parti del pianeta
(sottraendo, moltiplicando, |
sottraendo, moltiplicando
ancora), sappiamo che la guerra |
è un alibi. Un trucco di
teatro per coprire altre cose, |
altre storie, altri
profitti. Chi tace su questa finzione, questa |
infinita catena di
finzioni, è – sia detto con chiarezza |
in questo triste inverno
mascherato da primavera – un connivente |
o un servo, un uomo finto. C’est tout. C’est
rien. |
Info: en.meloni@gmail.com