La guerra del rimorso

                  Versi dialettali dal brigantaggio postunitario

 

Intervento tenuto in occasione del Convegno Letteratura, lingua e dialetto: identità nazionale (Roma, 18-20 ottobre 2011), organizzato dal Centro Studi G. G. Belli.

 

Abstract

The war of remorse
Dialectal verses from post-unification brigandage

 

In addition to the known causes of patriotic, political, social, economic nature that were at the origin of post-unification brigandage (1860-1870), it seems possible to identify a further one, which is rather anthropological, as suggested by Ernesto De Martino, who defined Salento and more generally the whole southern Italy, included in the Kingdom of the two Sicilies, the «land of remorse», as from the title of his homonymous work, or «the land of the evil past», «that was not chosen», a land recognized only by suffering its past, which returns to plague, to persecute that people of peasants pushed away from being part of history, between holy water and salty water, between the State of the Church and the sea. Through this interpretation substantiated by a few pages by Carlo Levi, and using as sources essentially dialectal poems and songs, we support the hypothesis according to which the war fought by the so-called "brigands", is also the expression of an ancestral sense of guilt, a fatalism that dragged them into an unequal struggle, without any objective chances of success («The brigandage is nothing but a fit of heroic madness, and desperate ferocity: a desire for death and destruction, with no hope of victory.» [C. Levi, Cristo si è fermato a Eboli, cit., p. 125]).

 

 

Oltre alle note cause di ordine patriottico, politico, sociale, economico all’origine del brigantaggio postunitario (1860-1870), sembra possibile individuarne un’altra di carattere antropologico, suggerita dall’etnologo Ernesto De Martino, che ne La terra del rimorso definì il Salento e più in generale tutto il Sud compreso nel Regno delle Due Sicilie, la «terra del rimorso», ovvero «la terra del cattivo passato», «che non fu scelto» e che torna per affliggere, perseguitare quel popolo di contadini tenuto fuori dalla storia, tra l’acqua salata e l’acqua santa, tra lo Stato della Chiesa e il mare. Attraverso questa chiave interpretativa, sostenuta da alcune pagine di Carlo Levi, e utilizzando come fonti essenzialmente poesie e canti dialettali, si giunge alla tesi secondo cui la guerra dei cosiddetti “briganti”, rappresenta anche l’espressione di un atavico senso di colpa, di un fatalismo che li trascinò in una lotta impari, senza alcuna oggettiva possibilità di successo («Il brigantaggio non è che un accesso di eroica follia, e di ferocia disperata: un desiderio di morte e di distruzione, senza speranza di vittoria.» [C. Levi, Cristo si è fermato a Eboli, cit., p. 125]).

 

 

Pubblicato nel numero di Dicembre 2013 della rivista “Sinestesie”.

Si può leggere il testo integrale collegandosi a:

http://www.rivistasinestesie.it/PDF/2013/DICEMBRE/5.pdf

 

 

Enrico Meloni



 

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