4. A cosa serve una poesia


5. Come nasce una poesia

 

A volte proviamo sentimenti, emozioni, sensazioni, illuminazioni fugaci, che non riusciamo ad esprimere attraverso un pensiero razionale. Sono troppo complessi o troppo semplici. Non li comprendiamo a pieno con la ragione, ma ci colpiscono e non vogliamo che svaniscano all'improvviso, così come sono sopraggiunti. E tuttavia non troviamo le parole adatte per comunicarli in modo diretto, logico, comprensibile, chiaro.
Il rimedio che l'uomo ha trovato fin dai tempi antichi, in ogni epoca e in ogni latitudine, è stato chiamato poesia [dal greco
pòiesis, derivato di poiein: fare, produrre, creare...]. E attraverso un'operazione che possiamo definire, per intenderci, creazione artistica, l'uomo (o il poeta) riesce a manipolare, forzare l'uso convenzionale delle parole, delle frasi, della sintassi, del linguaggio verbale, nel tentativo di riuscire ad esprimere quello che sente, di comunicare un minuscolo lampo di genio, in modo limpido, denso, penetrante.
Ovviamente questo processo è attendibile, solo nel caso in cui ci riferiamo alla poesia onesta. Che cos'è una poesia onesta? Il poeta U. Saba ci viene in soccorso. Difatti in un breve saggio del 1911, rifiutato dalla rivista “La Voce” e pubblicato postumo,
Quello che resta da fare ai poeti, scrisse che la poesia onesta è quella che non dice una sola parola "che non corrisponda perfettamente alla sua visione". Al contrario è poesia disonesta quella che finge passioni che non ha, e commette peccati contro lo spirito "al solo e ben meschino scopo di ottenere una strofa più appariscente, un verso più clamoroso".
In ogni poesia "onesta" (e riuscita, aggiungerei), alberga qualcosa di intimo e di spirituale, un ché di indefinito e di indefinibile, che sfugge alla razionalità dello stesso autore; ed è proprio questo "quid" (non so che) che fa di quello che ci appare un testo formalmente poetico, una poesia.

Enrico Meloni

6. Appendice

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